venerdì, ottobre 14, 2011

L'ultima stanza

Quella casa ha tutte le stanze disposte lungo un corridoio.
L'ultima, la cui porta sfuma nel buio quando la luce è accesa solo in cucina, è dove dormivo con lei da piccola.
Se rimango in piedi sulla soglia dell'ingresso e guardo là, riesco solo a scorgere la sagoma sbiadita nell'ombra della vetrina nell'angolo. Non ci fossi mai stata, nemmeno saprei che oltre quell'oscurità c'è una stanza con due letti, un armadio, il mobile con lo specchio e i cassetti. Esisterebbe, ma non la vedrei.
O forse è già scomparsa, portandosi dietro le boccette di profumo, le coperte di ciniglia, i ricordi.
Era Luglio e faceva caldo, nessuno riusciva a muoversi e io, che ancora non sapevo cos'avrei dovuto fare, fissavo con timore quel lungo corridoio. Improvvisamente era una linea scura che non finiva mai. Il cuore mi batteva forte per l'ansia. Cos'era cambiato? Cos'avrei visto? Non potevo andare oltre, non potevo arrivare laggiù per il timore di trovare un baratro oltre il buio e cadere giù.
Invece, alla fine, ho preso coraggio. Siamo entrati tutti - siamo caduti tutti - e sotto non c'era nulla di morbido.
Chissà dove siamo ora?
A volte, rimanere ferma nel corridoio mi dà un senso di sicurezza, non vorrei mai più muovermi. Ho il terrore che il buio, oltre alla stanza, cancelli anche me.

Annalisa, the saru

giovedì, luglio 08, 2010

Miracle (BLADE)





Scrivere sul blog. Ma chi ne ha più avuto tempo/voglia? Mah. Una volta un lettore occasionale disse che questa pagina era inutile e banale. Ma - diciamocelo (molto democraticamente!) - a me importa come la riproduzione sessuale delle cozze. Se un uomo di mezza età che crede di sapere tutto su tutto, reputandomi una deficiente per quello che scrivo su un blog... ragazzi miei, siamo messi male. E a dirla tutta preferisco i troll (per lo meno si impegnano concretamente in quello che fanno). Ordunque, sono ancora qui a inquinare coi miei inutili post.

Sì, probabilmente è tempo perso, ma amen.

In verità non riesco a parlare liberamente di quello che capita. Il problema è il contesto politico-storico-social-economico in cui viviamo. Io mi chiedo: come faccio a non esprimermi al riguardo? A scindere la mia vita dai fatti che sconvolgono (o no?) il nostro Bel Paese?
Non è mica facile, tutto è collegato, ma posso solo esprimere una grande amarezza al riguardo.

Vediamo se così va bene: vado avanti con l'università, un po' più ammaccata di prima, forse cresciuta, certamente stanca-sfinita-senza-una-lira. Certo, ho anche passato un esame che mi sembrava insuperabile (miracle!) e quindi gongolo di gioia nell'attesa del resto... sciolta dal caldo, amareggiata dalle vicende, accoltellata da chi credevo amico (miracle blade).

Tutto normale, normalissimo, quasi piatto.

Così, per tediare gli altri aggratis.

domenica, settembre 27, 2009

Adorava New York, la idolatrava smisuratamente!


Il fatto è che sono stata a New York.



Sì, è molto che non vengo qui a scrivere, ma chissà perché mi riusciva difficile farlo.
Comunque, davvero, "sono stata a New York" riassume quello che vorrei dire e descrive il mio stato d'animo.
Finora è stato il viaggio dei sogni, quello che non avrei mai pensato di poter intraprendere, distante. Troppo distante.

L'università mi ha resa sempre più nervosa, non riuscivo a superare alcuni esami mentre quelli di laboratorio a gruppi, mi facevano perdere completamente la pazienza dietro ai miei colleghi. Come ogni anno d'altronde, luglio da noi è così. O forse (probabile!) sono io che non sono capace. Insomma, sono arrivata al punto in cui se non partivo, partivo di cervello (qualcuno ha detto "vedrai un giorno nel mondo del lavoro"? I know, I know...).

New York era stata scelta come meta ormai da Febbraio, anche se ne avevamo parlato anni prima (forse un paio), ma finalmente era prenotata. Per cui stavo lì a lavorare con il pensiero un po' sognante su ciò che avrei fatto dopo. Eppure tutto era ancora sfocato, non mi rendevo conto di quello che significava. Ragazzi, New York City, la città che non dorme mai, quella dei film e dei telefilm! New York!



Vorrei poter racontare ogni tappa da quando siamo scesi dall'aero, ma risulterebbe noioso. Dico semplicemente che è stata l'esperienza più totale (totale in senso più ampio del termine. Da soli, io e Andre, così lontani e alle prese con un mondo diversissimo dal nostro.) che finora ho vissuto.

Ricordo perfettamente il momento della svolta, della presa di coscienza, dell'insegnamento che La Grande Mela mi ha dato: eravamo al Toy's R Us, il negozio di giocattoli a Times Square. Stavamo salendo al secondo piano, fermi sulla scala mobile e pensavo, pensavo, pensavo (ma quanto ci metteva? Mi è parso di starci una vita!).
E lì: "tac!", ho capito. Come se il mio cervello avesse finalmente elaborato il risultato ad un'operazione intricata, dove gli addendi erano piccole domande che avevano popolato la mia mente fino a quel momento.

Io, al di là di Andrea che era con me, mi trovavo in un posto nel mondo completamente estraneo e affascinante, dove dovevo cavarmela senza aiuti. Dove se fosse capitato qualcosa a lui (ma anche a me stessa) avrei dovuto fare qualcosa, muovermi, crescere improvvisamente di qualche anno che ancora mi manca per essere davvero considerabile adulta.

Non lo so, è così difficile da descrivere... A ogni modo è stato rendermi conto delle mie responsabilità e del fatto che nella vita non si torna mai indietro, si va solo avanti.
Frasi fatte, banalità che sembrano uscite dai biscotti della fortuna, ma che nascondono concetti più ampi. Forse durante l'adolescenza, quando si odia ogni cosa e si crede che tutto il mondo ce l'abbia con noi, è proprio perché cominciamo a intravedere quello che accadrà dopo e vorremmo poterci opporre.
Solo che, quando a diciotto, diciannove e vent'anni, mi sono guardata e ho detto "Sono cresciuta", quella presa di coscienza avvenuta sulla scala mobile di un negozio di giocattoli a New York non c'era ancora stata. E' qualcosa di più forte e radicato di un pensiero, è una specie di verità assoluta, pura e semplice.

E io, in quel momento presa da ricordi un po' malinconici (Ma quand'è che ho smesso di comprar giocattoli con mia madre e mio fratello?), l'ho sentita entrare dentro, quella sensazione assoluta. Forse non accade solo una volta, forse è solo la prima di una lunga serie di lezioni che si devono imparare.

E così, al di là della magnificienza della città con i suoi edifici altissimi, i musei e le stramberie più varie, ho avuto un sacco di insegnamenti e sono tornata, un po' diversa da prima, forse un passo più avanti. E poi si è anche sciolto un peso ed è esplosa la mia vena artistica. Avrei disegnato, scritto e cantato ogni secondo. Avrei voluto urlare al mondo che lo abbraccerei forte, tutto. E tutti.

E a ritornare ho sofferto come non mi era mai capitato.

Continuo a star male.
Sogno di essere sull'Empire State Building o di camminare per andare a far colazione da Zabar's e mi sveglio sconvolta, come se avessi fatto tutte le ore di viaggio in un minuto. Fa' un po' ritorno da una Crociera Costa, lo so... eh eh.

Che posso dire? Mi ero perfettamente ambientata: persone cordiali (forse un po' brusche all'inizio, ma sempre gentili), cibo fantastico (e chi l'ha detto che si mangia male? E non ho mai neppure visto un Mc Donald's!), albergo centrale, tutto che funzionava perfettamente, atmosfera da film, nuovi posti da scoprire, figure di merda allucinanti... Stavo bene e quando avevo voglia di piangere, mi mettevo sul letto e lo facevo, con Andrea che non mi chiedeva nulla e mi coccolava finché non ci addormentavamo.

Forse è che... ero felice ed ero libera di dimostrarlo senza sentirmi in colpa ("Sono pronto per rialzarmi ancora e il momento che aspettavo è ora...").

E' così: è facile parlare quando si è tristi e tutto va di merda, ma quando sei felice come fai? Intanto io ho sempre il terrore che accada qualcosa di orribile perché penso sempre che non me lo merito (perché poi ce l'ho tanto con me stessa a volte?!) e anche perché la vita è fatta così. Però alla fine è giusto vivere anche momenti di gioia senza doversi vergognare. Anzi, forse è molto meglio così che non passare il tempo a lamentarsi di problemi che alla fine hanno tutti quanti.

Per concludere? Volevo solo parlarne. Rendermi conto, riprendere in mano il blog. Uscire dal Dead Poet un po' brilla, prendere Andrea per mano e mettermi a cantare Zucchero, traballando per la 79th st.


"New york era la sua città e lo sarebbe sempre stata"


[In questo post: Neffa "lontano dal tuo sole" e Woody Allen "Manhattan" , image by me]

martedì, dicembre 09, 2008

Il gioco delle parti


Oggi vado per fare l'ISEE al Caf.
Scena:

Urd viene fatta accomodare alla postazione numero 2
URD (con ENFASI): - Devo fare l'ISEE: ecco i documenti! - estrae da una busta un plico di fogli alto 5 cm, perché non si sa mai che vogliano sapere anche il nome del cercopiteco imbalsamato che tengo in cantina (sì, lo so...quale cantina?)
SIGNORINA: - Oh, ma (sorride) non ci vogliono altri documenti se lo ha già fatto.
URD (cadendo dalle nuvole): - Eh?-
SIGNORINA: - Ma sì, l'ISEE è sempre uguale, basta cambiare un dato.
URD (molto più che sbalordita?): - Cioé...mi sta dicendo che finalmente hanno informatizzato
SIGNORINA: - Sì... - la signorina controlla il 730, scrive qualche dato e manda in stampa il documento.
URD (che ancora non si capacita): - Sa mica a che ora posso andare a consegnar...- viene bruscamente interrotta dalla signorina:
S: - Non devi consegnare nulla, lo mandiamo noi all'università per via telematica!



Ommioddio! Urd prende le sembianze di un qualsiasi quadro di Munch (a scelta dell'utente tra: "Bambina malata", "L'urlo"/"Il grido" e "Ceneri" -> gli altri sono troppo tragici ù_ù).

Ora mi spiego molte cose, soprattutto il motivo della pioggia (e del terremoto a Terni XD)!

Ovviamente, non convinta, sono comunque andata alla segreteria dell'università per chiedere conferma.
A quanto pare qualcosa nel cervello di chi organizza 'sta roba ha iniziato a girare. Ci hanno messo solo...quanto? Va be' su! Ora non facciamo i pignoli...

E dire che io ero già pronta con la mia polemica sul "Menomale che vogliono diminuire lo spreco di carta!". Per una volta mi sono dovuta ricredere. E sono contenta!


Intanto, cambiando discorso, la lotta universitaria sta entrando nel vivo... L'onda colpirà venerdì, di nuovo, con tutta la sua forza*_*/!



Per il resto: amarezza, un po' di malinconia, rabbia ed impotenza verso cose che invece, purtroppo, son più grandi di noi. Ma lotterò, come sempre. Spero di combinare qualcosa di buono almeno. Dicembre del... ehm... piccole considerazioni su certi avvenimenti brutti che colpiscono nel periodo Natalizio.



La morte non aspetta proprio mai...stronza.


venerdì, ottobre 31, 2008

C'ho messo la faccia

Contro la legge 133 e il magico trio Brunetta-Tremonti-Gelmini, io c'ho messo la faccia (dopo 4 ore di manifestazione...e si vede!XD).

La foto è stata scattata da robertopais per l'iniziativa mettici la faccia
Se volete partecipare, potete farlo anche voi... andate qui

L'idea mi piace moltissimo e poi, se mi devono arrestare sono già schedata u_u perfetto. Non ho più scampo XD
Coraggio, facciamo vedere che non ci nascondiamo e che non raccogliamo le provocazioni :)!

E intanto ringrazio i ragazzi che fanno le foto, perché sono stati acnhe super veloci a metterle online (e poi sono tutte molto belle, ovviamente per me è il soggetto che non è il massimo XD!)


mercoledì, ottobre 29, 2008

Tensione (superficiale?)

Guardo fuori.
Piove ancora.
E pioverà anche domani.

martedì, ottobre 28, 2008

Idiocracy...?

Parlando con altri studenti, ho trovato molta solidarietà e voglia di cambiare le cose. Sono felice che non siano tutti "zombie da Resident Evil" come direbbe Capa.

Ho anche partecipato alla manifestazione di Giovedì scorso, trovandola davvero ben fatta, senza slogan. Un solo ed unico corteo funebre per la scuola e le università pubbliche. A momenti piangevo sul serio, perché la situazione è aberrante.


Detto questo, vi riporto il "Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso in difesa della Scuola nazionale, Roma, 11 febbraio 1950" che la facoltà di Lingue Orientali dell'università La Sapienza di Roma, ha pubblicato sul suo sito (ringrazio moltissimo Makichan!):

da: "Scuola democratica", 20 marzo 1950.

“Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?

Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali.

C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private.

Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio.

Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.

Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.

Attenzione, questa è la ricetta.

Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Piero Calamandrei"

[http://w3.uniroma1.it/studiorientali/varia/2008-9/Calamandrei%20sulla%20scuola.htm]
[facoltà di Lingue Orientali presso La Sapienza - Roma - FORUM]
[In alto la locandina del film Idiocracy - dal blog -> http://tnaron.wordpress.com/]